EMERGENZA COVID-19 ALCUNE RIFLESSIONI
“RINVIO ENTRATA IN VIGORE DEL CODICE DELLA CRISI RISCHIO INTENSIFICAZIONE DOMANDE DI FALLIMENTO"
La crisi economica di natura esogena e del tutto imprevedibile, innescata dalla pandemia, unitamente al ritardo oggettivo della messa in atto delle disposizioni di sostegno finanziario, comporterà verosimilmente, salvo ulteriori interventi legislativi, l’aumento delle istanze di fallimento, i cui depositi sono per ora congelati dal 09.03.20 al 30.06.20.
La crisi di una PMI, è stata negli ultimi due anni oggetto di studio ed attenzione da parte del legislatore, deciso a portare una radicale modifica alla Legge Fallimentare del 1942, più volte rimaneggiata negli anni senza tuttavia attenuare il grave stato di crisi delle imprese.
Questo complesso di norme, contenute nel Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs 14/2019) impone alle PMI un'attività preventiva: dotarsi di strumenti e strategie che consentano loro di anticipare la crisi, oltre a poter far fronte in via tempestiva allo stato di insolvenza tramite un sistema di sollecite segnalazioni da parte di creditori qualificati, la sua entrata in vigore, era fissata al 15 Agosto 2020, con l’emanazione del D.L. in data 08.04.20, n. 23, l'art. 5 ha disposto il rinvio al 21 Settembre 2021.
La crisi di una PMI è prima di tutto endogena può essere monitorata e contenuta, se si pone l’attenzione sul controllo di gestione
(gestione finanziaria, gestione dei flussi di magazzino, costi per innovazioni e investimenti, etc.).
Questo è uno degli aspetti cardine nell'elaborazione del Codice della Crisi: individuata la criticità, valutata la portata della difficoltà economica da affrontare si possono ipotizzare diverse soluzioni.
Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice comporta che fino ad allora le PMI, secondo la normativa attuale sono esposte al rischio di fallimento, si badi bene non tanto per fattori endogeni gravi e preesistenti, ma per un unico fattore esogeno: la pandemia.
La Legge Fallimentare all’art. 5 non prevede la forza maggiore quale esimente dell’insolvenza, quindi la situazione innescata comporterà la successiva dichiarazione di fallimento, decorso il periodo di sospensione del deposito delle domande.
Si potrebbe superare questo scenario catastrofico, ritiene la scrivente, valutando attentamente attraverso l’esame delle scritture contabili se le insolvenze emerse siano conseguenza della sola imprevedibile eccezionale situazione rispetto a quelle determinatesi in condizioni normali, dove quel che rileva è il rischio d’impresa ed il corretto controllo di gestione.
In attesa di diverse aperture del legislatore è doveroso pensare che è possibile superare questo momento, se le PMI coglieranno l’occasione per rompere vecchi indugi e portare sul mercato anche servizi innovativi che fino ad ora non avevano messo in campo, riducendo costi non necessari, ottimizzando tempo e qualità del lavoro e cercando risorse o partner nuovi.
"BLOCCO IMPRESE E NEGOZI REVISIONE DEGLI AFFITTI"
Il lockdown, dichiarato il giorno stesso dell'entrata in vigore del D.L.11/2020 in data 8.03.20 ha provocato per molte attività la difficoltà, in mancanza degli incassi, di onorare gli impegni economici, tanto più oggi, tenuto conto che la chiusura è stata prorogata al 3.05.20 con D.P.C.M. del 10.04.20.
Questa situazione determinata da un evento di forza maggiore ed imprevedibile, impone ad ambo le parti del contratto, locatore e conduttore, un’attenta valutazione sulle sorti future del rapporto, per molte realtà difficilmente sostenibile alle condizioni di prima.
É dunque consigliabile che il conduttore, interessato alla revisione, prenda contatti con il locatore per valutare soluzioni condivise, anziché sospendere arbitrariamente il pagamento e rischiare azioni giudiziali.
Le opportunità sono strettamente connesse alla capacità economica dell’obbligato al pagamento ed ai tempi utili per ottenere il sostegno portato dalle misure economiche attuate dal Governo, pertanto il conduttore potrebbe:
- chiedere una proroga della scadenza del pagamento senza addebito di interessi e penalità, in applicazione dell’art. 1256, 2° comma c.c. "c.d. impossibilità temporanea” anche se la durata dell’emergenza in questo momento non è facilmente ipotizzabile; - chiedere una riduzione del canone per tutto il periodo della durata della chiusura, ovvero per un tempo maggiore, tenuto conto degli effetti di questa grave crisi, procedendo poi alla stesura di un accordo in deroga al contratto, che andrà registrato all’Agenzia dell’Entrate in esenzione da imposta di registro e bollo ai sensi dell’art.19 D.L. 133/2014.
Infine qualora la prestazione rimanga eccessivamente onerosa e il locatore non si renda disponibile a trovare un accordo, replicando che il solo credito di imposta pari al 60% del canone (sostegno introdotto con l’art. 65 del D.L.18/2020) sia una misura di per sé sola sufficiente a colmare il disagio, il conduttore potrà invocare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1467 c.c. per eccessiva onerosità causata da evento straordinario e non prevedibile.
FAMIGLIA DI FATTO
"CONTRATTI DI CONVIVENZA"
Il nostro ordinamento riconosceva un tempo e tutelava la sola famiglia fondata sul matrimonio, tuttavia oggi dopo anni di interventi giurisprudenziali e dottrinali assistiamo ad una evoluzione legislativa, segnata dal disegno di legge Cirinnà, contenente la nuova disciplina per le coppie di fatto e per le unioni civili, siano esse eterosessuali od omosessuali, testo approvato con emendamenti al Senato lo scorso 25.02.16 ed oggi di nuovo all'esame della Commissione Giustizia alla Camera.
Tra i conviventi di fatto non esistono come per i coniugi diritti e doveri reciproci, l'unione si caratterizza infatti per la particolare libertà con cui i partner possono in ogni momento interrompere il loro rapporto.
Per evitare che la rottura determini da un momento all'altro una destabilizzazione oltreché emotiva materiale si può far ricorso al redazione di un contratto di convivenza, ovvero un accordo con cui la coppia definisce le regole del vivere insieme con particolare riferimento ai rapporti patrimoniali durante ed in seguito alla cessazione del legame affettivo.
Si tratta di un contratto da redigere con atto pubblico notarile o con scrittura privata autenticata da un avvocato attraverso il quale le parti affrontano e disciplinano aspetti quali:
- modalità di uso della casa adibita a residenza comune, sia essa di proprietà esclusiva o meno di uno dei due o di un parente;
- modalità di cooperazione e collaborazione ai bisogni della convivenza, nonché partecipazione alle spese comuni e definizione degli obblighi di contribuzione reciproca in ragione dell'attività domestica o extradomestica;
- facoltà di assistenza reciproca in caso di malattia nel corpo o nella mente;
- criteri di attribuzione della proprietà di beni immobili acquistati nel corso della convivenza;
- modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza.
Quanto alla nascita di figli in costanza del rapporto di convivenza more uxorio, a seguito dell'entrata in vigore il 7.02.2014 del D. Lgs 154/2013, che ha completato la riforma portata dalla L. 219/2012 sulla filiazione naturale si è sostanzialmente affermata un'unica tutela giuridica per i figli nati dal matrimonio o fuori dallo stesso, abbandonando la precedente distinzione tra figli legittimi e naturali, pertanto sussistono indistintamente diritto al mantenimento, all'istruzione, all'educazione e all'assistenza morale da parte dei genitori, nonché diritti successori rispetto ai parenti, con cui devono poter conservare rapporti significativi.
SUCCESSIONE EREDITARIA
"COME GESTIRE IL RAPPORTO DI CONTO CORRENTE ALLA MORTE DEL DE CUIUS"
Il decesso di un soggetto comporta l'apertura della successione ereditaria.
Gli eredi si trovano a doversi occupare del passaggio di proprietà di tutti i beni rientranti nell'asse ereditario, tra questi certamente rientra un rapporto di conto corrente, che sovente è intestato e gestito da più cointestatari.
In caso di decesso dell'unico intestatario del conto corrente basterà trasmettere alla Banca una raccomandata a/r dichiarando l'intervenuto decesso del titolare, provato dal certificato di morte, che dovrà essere allegato e contestualmente rivolgendo all'Istituto domanda affinché precisi tutti i rapporti pendenti con il predetto: libretti di risparmio, depositi somme, custodia titoli, etc.
Quanto al carnet di assegni non esaurito, bancomat e carte è vietato il loro utilizzo e questi andranno riconsegnati immediatamente alla Banca, che vi rilascerà una ricevuta. Qualora, questi strumenti di pagamento non dovessero essere rinvenuti in casa dovrà procedersi con una denuncia di smarrimento e la Banca provvederà a bloccare il conto.
Gli eredi di fatto divengono proprietari delle somme depositate dal de cuius solo dopo aver concluso tutta la pratica di successione, attestata da una certificazione dell'Agenzia delle Entrate.
In caso di conto cointestato con i chiamati all'eredità dobbiamo distinguere il conto a firme disgiunte dal conto a firme congiunte. Nel primo gli eredi dovranno effettuare una semplice variazione di intestazione a loro favore, mantenendo il diritto di disporre separatamente sul conto; nel secondo il conto verrà bloccato del tutto fino all'identificazione degli eredi legittimi.
RECUPERO CREDITI
“VIETATO FRAZIONARE IL CREDITO DERIVANTE DA UN UNICO RAPPORTO IN PIÚ RICHIESTE GIUDIZIALI BENCHÉ SIANO EMESSE PIÚ FATTURE”
Il creditore che abbia emesso più fatture in forza di un unico rapporto contrattuale, qualora il debitore si renda inadempiente non può frazionare la richiesta di pagamento in più decreti ingiuntivi, anche se i ricorsi sono depositati scaglionati del tempo.
L’inadempimento di non scarsa importanza permette al creditore che vanta un rapporto continuativo di dichiarare il debitore decaduto dal beneficio del termine accordato per il pagamento e per l’effetto questi potrà esigere il pagamento delle fatture azionando con un unico ricorso la sua pretesa.
Costituisce, infatti, un abuso del processo ed un comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza in data 15.11.2007, n. 23726 frazionare il recupero del credito nel tempo, poiché aumentano le spese legali per la controparte senza che ve ne sia effettiva necessità.
SEPARAZIONE E DIVORZIO
“ASSEGNO DI MANTENIMENTO FIGLIO MAGGIORENNE NON ECONOMICAMENTE INDIPENDENTE, LAVORO PRECARIO”
Il dovere di mantenere la prole non cessa con la crisi del rapporto genitoriale, né al raggiungimento della maggiore età del figlio.
Non vi è un termine di legge, dunque, cui rimettere la cessazione del predetto obbligo, ma deve essere effettuato un vaglio ad hoc per ogni situazione.
Di recente, il Tribunale di Treviso con la sentenza n. 1445 del 17.06.2015 ha stabilito in sede di divorzio che il genitore non convivente è tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti del figlio maggiorenne fino a quando questi non avrà raggiunto l’indipendenza economica, precisando che lo svolgimento di un lavoro non costante e con reddito non certo da parte del figlio non consente la totale eliminazione del contributo, ma può portare eventualmente ad una sua riduzione.
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